Farinata degli Uberti
Manente degli Uberti, meglio noto come Farinata (Firenze, 1212 circa – Firenze, 11 novembre 1264), è stato un militare e politico italiano.
Farinata degli Uberti | |
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Farinata degli Uberti ritratto nella serie di uomini illustri di Andrea del Castagno | |
Conte palatino | |
Trattamento | Conte palatino |
Nascita | Firenze, 1212 circa |
Morte | Firenze, 11 novembre 1264 |
Dinastia | Uberti |
Padre | Jacopo degli Uberti |
Madre | ? |
Consorte | Adaleta ? |
Figli | Lapo Beatrice/Bice |
Religione | Cattolicesimo |
Farinata degli Uberti | |
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Statua di Farinata, loggiato degli Uffizi, Firenze | |
Nascita | Firenze, 1212 circa |
Morte | Firenze, 11 novembre 1264 |
Luogo di sepoltura | Duomo di Firenze |
Dati militari | |
Paese servito | Repubblica di Firenze (Ghibellini) |
Forza armata | Esercito |
Grado | Condottiero |
Guerre | Guerre tra guelfi e ghibellini |
Battaglie | Battaglia di Montaperti (1260) ed altre |
Comandante di | Consorteria ghibellina |
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«Ed el mi disse: "Volgiti! Che fai?
Vedi là Farinata che s'è dritto:
da la cintola in sù tutto 'l vedrai".
Io avea già il mio viso nel suo fitto;
ed el s'ergea col petto e con la fronte
com'avesse l'inferno a gran dispitto.»
Appartenente a una tra le famiglie ghibelline più antiche e importanti di Firenze, è citato da Dante Alighieri nel sesto canto dell'Inferno e incontrato successivamente nel decimo tra gli eretici.
Biografia
modificaFiglio di Jacopo degli Uberti, dal 1239 fu a capo della consorteria di parte ghibellina e svolse un ruolo importantissimo nella cacciata dei guelfi avvenuta pochi anni dopo, nel 1248, sotto il regime del vicario imperiale Federico di Antiochia, figlio dell'imperatore Federico II.
Gli Uberti furono poi esiliati quando al potere tornarono gli esponenti delle famiglie di appartenenza guelfa nel 1251 trovando rifugio a Siena nel 1258.
Farinata contribuì da protagonista alla vittoria di Montaperti il 4 settembre 1260 e nella dieta di Empoli che ne seguì dimostrò il suo grande amor di patria insorgendo a viso aperto contro la proposta dei deputati di Pisa e Siena che avrebbero voluto radere al suolo Firenze.
Morì nel 1264 e fu sepolto nella Chiesa di Santa Reparata, dove successivamente fu costruito il Duomo di Firenze. Suo figlio Lapo venne nominato dall'imperatore Enrico VII suo vicario in Mantova.
L'accusa di eresia e Dante
modificaAnche dopo essere morti, gli Uberti non poterono sottrarsi alla vendetta della fazione rivale: nel 1283, infatti, i corpi di Farinata e sua moglie Adaleta subirono a Firenze un processo pubblico postumo con l'accusa di eresia. Per l'occasione i loro resti mortali, sepolti in Santa Reparata, vennero riesumati e il giudizio si concluse con la condanna da parte dell'inquisitore francescano Salomone da Lucca, che stabilì anche che tutti i beni lasciati in eredità da Farinata fossero confiscati.
La fondatezza dell'accusa è incerta ancora oggi: in realtà riguardava la contestazione della supremazia religiosa della Chiesa, sebbene la fazione cui Farinata apparteneva ne contestava solamente l'ingerenza politica, reclamando una suddivisione tra potere spirituale e temporale. La confusione venne probabilmente aumentata dalla propaganda dei guelfi, pronti a sfruttare a proprio vantaggio l'accusa, sebbene alcuni studiosi sostengono che Farinata fosse vicino all'eresia catara.
Gli Uberti, comunque, vennero esclusi da qualsiasi amnistia e l'odio dei rivali si focalizzò su di loro: Farinata venne infatti collocato da Dante tra gli eretici epicurei che l'anima col corpo morta fanno (v. 15), ovvero che non credono nell'immortalità dell'anima. Tra i due si svolge un colloquio incentrato sulla lotta politica e sulla famiglia e in particolare sul tema delle colpe dei padri che ricadono sui figli: questo costituiva un argomento particolarmente caro al poeta, che avrebbe potuto far revocare l'esilio nei confronti dei suoi figli maschi se avesse chiesto il perdono. Dopo un alternarsi di battute cariche di tensione, Farinata pronuncia una profezia dov'è facile leggere l'amarezza del poeta, già esule da qualche anno:
«Ma non cinquanta volte fia raccesa
la faccia de la donna [la Luna] che qui regge,
che tu saprai quanto quell'arte pesa.»
A Farinata, comunque, Dante rese l'onore delle armi, facendo di lui uno dei protagonisti del suo poema e tratteggiandone una figura imponente e fiera, quasi omerica nel contrastare le avversità ("com'avesse l'inferno a gran dispitto"), tanto che Virgilio lo esorta a non usare con lui parole comuni, ma nobili ("conte").
Bibliografia
modifica- Anna Maria Chiavacci Leonardi, commento a La Divina Commedia – Inferno, vol. 4, Milano, Mondadori, 2003, pp. 306–330.
- Filippo Thomassino, Giovan Turpino, Ritratti di cento capitani illvstri, Parma, 1596.
- Giulio Roscio, Agostino Mascardi, Fabio Leonida, Ottavio Tronsarelli et al., Ritratti et elogii di capitani illvstri, Roma, 1646.
- Umberto Bosco, Giovanni Reggio, La Divina Commedia – Inferno, Firenze, Le Monnier, 1988.
- Vittorio Sermonti, Inferno, Rizzoli, 2001.
Voci correlate
modificaAltri progetti
modifica- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Farinata degli Uberti
Collegamenti esterni
modifica- Ubèrti, Farinata degli, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
- (EN) Farinata degli Uberti, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
- Mario Sansone, Farinata degli Uberti, in Enciclopedia dantesca, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1970.
Controllo di autorità | VIAF (EN) 22073869 · ISNI (EN) 0000 0000 7819 7975 · CERL cnp01291987 · LCCN (EN) nr2001049969 · GND (DE) 1012486699 · BNF (FR) cb16719298p (data) · J9U (EN, HE) 987007290995905171 |
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